Quando il combattimento terminò, il cane giacque per qualche minuto a terra, respirando affannosamente. Non durò molto, però, perché dopo poco si riprese. Voltando il muso verso di me, disse:
“Ciao, Nina”. La sua voce aveva un suono profondo, come se attraverso di lei parlasse una saggezza accumulata nei secoli.
“Ciao”, risposi e, invece di soffermarmi sul motivo per cui sapesse già il mio nome, le risposi:
“Scusa, ma parli sempre così?”
Senza scomporsi, neanche per un secondo, lei disse:
“No, ovviamente. Con i miei amici uso un tono completamente differente”
La guardai senza capire e replicai:
“Scusa, ma mi hai appena salvato la vita, ma non siamo amici?”
Lei rispose:
“Be’, innanzitutto sono una femmina, anzi una Signora Femmina. In secondo luogo, se dovessi salvare la vita a tutti i miei amici, la mia diventerebbe un’esistenza di m… ehm, ecco, complicata”
Annuii e non dissi più nulla, ma continuai a guardarla stupita. Il suo pelo era nero, ma lucido e con riflessi blu (infatti mi chiesi se faceva la tinta).
Fu lei a ricominciare a parlare e la nostra conversazione durò per ore, per giorni, per settimane. Continuò nei mesi e negli anni e mentre parlavamo camminavamo nel bosco, indisturbate, come chiuse in una bolla senza tempo. La Signora Femmina mi chiese della mia storia (la migliore delle sue doti non era certo la discrezione), e io gliela raccontai. Le dissi tutto, e glielo dissi più volte… non che non avesse buona memoria, non dovetti ripeterla per questo. Lo feci perché ogni volta che mi capitava di ripensare a un episodio, lo narravo con parole diverse, il mio stesso punto di vista era diverso. Alla fine del mio lungo racconto, quando ormai era l’ora di salutarsi, dopo tutto il tempo che era passato, mi guardai allo specchio, e guardai anche lei: eravamo in forma, devo dire. Questo sì che è invecchiare bene!
La Signora Femmina, a quel punto, mi disse:
“Ora è tempo che impari a difenderti da sola. Non posso combattere per te ogni volta che incontri il lupo e attenta: chiamare aiuto non ti servirà a niente" e detto questo, scomparve per sempre.
“Signora Femmina…?” dissi, poi gridai: “Signora Femmina!” Nulla, era sparita, di lei non c’era più traccia.
Dopo pochi istanti (a volte nella vita non si ha neanche il tempo di riprendersi d una sorpresa che subito ce n’è un’altra) sentii dietro di me di nuovo ringhiare.
“Ecco, ci risiamo” pensai. Ma questa volta, invece di stare lì ad aspettare tremante che il lupo mi aggredisse, cominciai subito a correre.
Mentre correvo, passai davanti ai cinghiali (“Aiuto!”, gridai, ma nessuno mi rispose), poi davanti ai castori (“Aiuto!”, strillai, e fu inutile), davanti a Mr. Tasso e M. Procione (“Aiuto!”, supplicai, e non si mosse un filo d’erba). Intanto, sentivo il lupo che ringhiava e correva, ansimava e correva, con il fiato sempre più corto, ma sempre più vicino al mio collo. Ad un certo punto, e lo vidi all’ultimo, mi trovai davanti a un enorme fiume, un corso d’acqua imponente, che scorreva impetuoso, trasportando, con la sua corrente, tronchi e rami secchi, anche di grandi dimensioni. Mi fermai proprio al limite, con le zampe che toccavano quasi l’acqua. Mi girai: il lupo era dietro di me, ancora pochi secondi e mi avrebbe azzannato. Decisi in un attimo: presi quel poco di rincorsa che potevo e saltai, con tutta la forza che avevo nelle mie gambe, mettendo le ali alle zampe, diventando più leggera dell’aria. Sotto di me vidi le onde del fiume, vidi la sua corrente impetuosa e i salmoni che nuotavano controcorrente, vidi gli enormi tronchi che galleggiavano nell’acqua e vidi rane, bisce e zanzare. In un attimo, ero a terra, dall’altra parte. Il grande lupo bianco mi fissava arrabbiato con i suoi occhi rossi, ma non aveva abbastanza coraggio, lui, per saltare. Ero salva.
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