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Episodio 3 - L’adunata

Immagine del redattore: Ilaria BuccaIlaria Bucca

Aggiornamento: 30 ott 2024

Io e Oliver la Scimmia ce ne stavamo lì, seduti uno accanto all’altra, a contemplare il paesaggio magnifico sotto di noi. Il sole, al nostro arrivo, brillava intenso nel cielo azzurro e sereno, con qualche nuvola bianca che correva veloce spinta dal vento. Con il passare delle ore, scese verso la valle, per dissolversi poi in un tramonto dai bagliori rossastri e arancioni, uno degli spettacoli più belli che una pecora di campagna come me potesse mai sperare di vedere. Infine sparì del tutto dietro alla morena che delimitava la pianura dal lato opposto a quello in cui eravamo noi. Iniziò a fare piuttosto freddo.

“Oliver” mi lamentai (è una delle cose che mi viene meglio, sapete, ed essendo ormai entrata in confidenza potevo permettermelo) “ma quando arrivano, questi gipeti?”

La luna non fece in tempo a sorgere nel cielo ormai illuminato da qualche stella, che i tanto attesi rapaci fecero la loro apparizione. Dapprima arrivarono le mamme con i cuccioli, tutte affannate dopo una giornata passata a rincorrere i giovani volatili per evitare che si facessero male, e al tempo stesso a procurare loro del cibo. Poi i maschi adulti, sontuosi, con il muso fiero e le penne agitate dal vento. A poco a poco, si radunarono tutti in cerchio, secondo un’usanza che, da quanto appresi da Oliver la Scimmia, era loro da centinaia e centinaia di anni. Alcuni tra i gipeti più colti, più anziani o solo più spocchiosi si fecero avanti, e iniziarono a parlare. Fu così che appresi qual era il compito di quei gipeti. Essi volavano e planavano sopra colli, montagne e vallate, raggiungendo anche i luoghi più lontani, al limite dei cieli conosciuti. Con la loro vista acuta e il loro sguardo attento scrutavano di sotto, con grande attenzione, e ricordavano tutto . Una volta scesa la sera, tornavano a casa dal loro popolo e raccontavano a tutti quello che era successo. Quando capii questa cosa, provai tanta invidia per questi animali, così colti, informati e intelligenti. Ma soprattutto, sentii una fitta di tristezza stringermi il cuore e quasi mi vennero le lacrime agli occhi, pensando a Papà Montone, a Madama l’Ovina e a tutte le mie candide sorelle, il cui orizzonte più grande era il piccolo recinto in cui vivevano rinchiuse.

“Non tirare conclusioni troppo affrettate, giovane amica”, mi disse Oliver la Scimmia che, evidentemente dotato di grande sensibilità ed empatia, aveva capito a che cosa stavo pensando, “I gipeti non sono poi così saggi come sembrano”


Il primo dei gipeti, che era anche il più anziano e quello dall’aria più compita, iniziò il suo racconto:

“Oggi sono volato in alto, su e ancora più su, e ho raggiunto il Regno delle aquile. I due eredi al trono si preparano instancabili al combattimento finale e, con ogni mezzo, tentano di reclutare nuove truppe. Pare che il Principe Donaldo, detto il Dominatore del Mondo, si stia rivolgendo alle aquile più povere, alle meno colte e a quelle che vivono alle periferie del Regno, promettendo loro ricchezze e protezione. Enrico II, detto Kamal il Grande, invece, cerca sostegno fra i più deboli, aquile donne rimaste senza famiglia e giovani aquile, oltre che fra quelle più colte.

Entrambi sanno che, una volta terminata la guerra, dovranno rivolgere la propria attenzione a nemici più grandi di loro. Nelle terre al di là del cielo, infatti, temibili avversari, i Falconi d'Oriente, stanno affilando le loro spade. Da lungo tempo, essi sono stretti nella morsa degli eserciti del Regno delle aquile, addossati alle loro frontiere e sempre più carichi di armi e di odio. Per questo motivo, i Falconi hanno attaccato il Feudo dell'Est, enclave orientale del Regno delle aquile. Le nefandezze perpetrate da ciascuno dei due eserciti hanno superato da tempo i limiti imposti nelle guerre d’onore, ma il Regno delle Aquile non sembra curarsene. I suoi vassalli continuano a combattere con ogni mezzo possibile, anche il più sleale, ma l’onta e il disonore vengono sempre addossati soltanto ai Falconi d’Oriente, impegnati in realtà in una strenua guerra di difesa.

Inoltre, il popolo dei Nibbi Bruni si prepara ormai da anni ad affrontare le aquile, in uno scontro che, vista la forza dei due colossi, si preannuncia di portata globale.

Solo uno dei due eredi, però, parla di questi fatti, e lo fa con parole cariche d’odio e di furore, minacciando il mondo intero di lasciarlo a se stesso, nella lotta contro queste due specie animali, a meno che esso non si sottometta completamente al volere del Regno, in cambio di protezione”

E fu così che il primo gipeto tacque.

Si alzò allora un secondo gipeto, più magro e spelacchiato del primo, con un paio di minuscoli occhialetti piantati sul becco. Egli aveva una voce stridula, un fisico gracile e ormai poche piume sul capo. 

Prima che riuscissi a sentire le sue parole, oliver la Scimmia bisbigliò nel mio orecchio:

“Si tratta di un vecchio gipeto che, a furia di volare e spiare dall’alto la terra, è diventato quasi cieco. Ormai stanco, si limita a commentare, con la sua presunta saggezza, ciò che gli altri raccontano”

Io annuii in silenzio.

“Cari amici”, iniziò il vecchio gipeto “il significato di ciò che ci è appena stato raccontato è evidente, ma non bastano poche parole per esprimerlo.”

Fu così che il rapace si lanciò in un complicatissimo discorso, fatto di paroloni e frasi lunghissime, ma in realtà dal significato molto semplice. Secondo lui,  i due eredi del Regno, i cui eserciti avevano uguale grandezza, stavano ormai raccogliendo le ultime forze rimaste disponibili, cercandole fra i pochi che, per disinteresse o per poca fiducia, non si erano ancora schierati. Inoltre, se solo il Principe Donaldo, detto il Conquistatore del Mondo, parlava delle guerre future, era perché i suoi sostenitori erano dei guerrafondai assetati di sangue, che amavano essere incitati all’odio e alla violenza. Ma anche Enrico II, detto Kamal il Grande, sapeva bene che cosa avrebbe dovuto affrontare in seguito.


Alla fine di questo discorso, sull’adunata calò il silenzio, che regnò per qualche minuto. All’improvviso, un suono squillante di tromba lo squarciò, facendomi sobbalzare. I gipeti, che evidentemente lo aspettavano, rimasero invece immobili. A quel punto, si alzò un altro gipeto, aitante e in forma, con le piume tutte pettinate e impomatate.“Signori, grazie per le vostre notizie fresche di giornata. Ora, adunata, è l’ora di passare ad altre questioni, decisamente di altra portata. Questa stasera, nella parte dedicata all’attualità si parlerà di… musica. Ed è tra noi, infatti, il gipeto che con la sua ugola ha fatto impazzire il nostro popolo…”

Io rimasi attonita e, con gli occhi sbarrati, guadai Oliver che ricambiò il mio sguardo, con un’espressione dolce e triste e un sorriso rassegnato sul volto.





 
 
 

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